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| E' una poesia commovente e pluripremiata, con cui l'autore dà voce ad una donna; ci racconta l'essenza della sua vita, quella parte che le manca, e che non potrà più avere, chiusa ormai nell'immobilità.QUAND’ ERO LIBERA DI VOLARE Alta e sottile, dentro le vetrine io mi specchiavo e mi sentivo bella e mi dicevan “bella” dai cantieri, come si fa col fischio, i manovali. Non mi ricordo più come si balla sui tacchi a spillo per le vie del centro. Passato è il tempo di quand’ero snella, lontani i giorni quando camminavo. La prima volta è stato alla stazione di Metropolitana, in via Palestro. Sono caduta senza una ragione e le altre volte non ricordo più. La mano destra mi risponde appena e l’altra invece non mi sembra mia. Le gambe me le piegano ogni giorno, io lascio fare e intanto guardo fuori le rondini che sfiorano di voli la mia finestra, come una TV. Io parlo poco, ormai non ho più fiato; per dare una risposta a chi mi chiede faccio dei segni solo con le ciglia. Pensavo, mentre cala giù il sipario, che della storia quel che più mi manca è il manovale che mi fischia “bella” e mi sorride mentre guardo in su.
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