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| Amjad Nasser è lo pseudonimo di Yahya Numeiri Alenaimat, nato nel 1955 a Tourrah ( Giordania ), scrittore e poeta giordano. Vive a Londra, è il caporedattore del giornale Al-Quds al-Arabi, e ha diretto la sezione culturale dal 1989 . Si tratta di uno dei pionieri della moderna poesia araba e arabo poema in prosa. La rosa di pizzo nero Quando lui vide ciò che vide ella chinò il capo si ricompose e lo ignorò.
Siediti ti prego con questi due campi arati con le corna di un bue, ho già garantito il raccolto. Siediti e divaricale un po’ d’aria per il ramo piegato dalle sue pere.
La perla al naso la piccola stella d’oro brilla sotto lo sguardo diritto. O tu, beduina del freddo, ricoperta di lentiggini divaricale che arrivi un po’ d’aria al tartufo che spunta sotto l’aratro.
Le mie piogge sono asciutte le tue labbra bagnate.
Il freddo ci avvolge nel profondo tremiamo perché le lentiggini che scagli contro di noi piovono sulle ferite.
Il mio cuore trema per un freddo antico.
La notte. Il treno tirato da vecchi buoi, la donna diffonde il suo biancore sullo straniero. Bianco è il latte bianca questa notte dal cuore nero bianco astuto prezioso e superbo con scarpe nere. Bianco è il biondo sorvegliato dall’erba insonne l’erba della dolce belva scatenata sul pendio.
Bianco brillante sottomesso radioso che provoca i singhiozzi bianco di spuma e la morte è sul cuscino dell’estasi.
Bianco con neo e marmo bianco turchese dalla bianca rotondità bianco dei lembi della rosa bianco di colline non risalite bianco nascosto avvolto in nastri addormentato nella seta bianco vincente bianco spudorato bianco del sonno e dei rimorsi bianco delle nubi che piovono nei giacigli il bianco potente che ci ha privato di ogni eredità bianco di servilismo e d’obbedienza bianco dell’implorazione e delle avvisaglie di pioggia.
Oh bianco vincente portatore di profumi e turbamenti.
Dorme nei suoi luoghi il mio piccolo signore non si sveglia coi flauti della mano. Zolletta di zucchero che si scioglie nell’arida terra. Fanciullo e adorno di pizzi e gioielli.
Pulito liscio e presente nella sua rugiada luccica l’olivo. Lavato con pioggia e fulmini, ha questo odore: d’erba tagliata al mattino.
La serpe s’attorciglia il grande occhio osserva.
Timorosa, lascia le vesti per la testimonianza sulla lancia che ha squarciato l’uccello di bosco. Lascia il suo odore lascia i suoi respiri le dita impresse sulle curve della camicia il sudore delle ginocchia cancella l’inchiostro della notte ed emana l’odore della febbre.
L’oro della vetta risplende.
Versato e fluito vacilla con cura conosce i suoi luoghi splendenti le ombre in cui cade lo straniero i petali si protendono dietro il velo alle grida segue la piena. L’odore rivela il suo contenuto l’odore del tesoro conservato.
Il nero seppellisce la forza e la conserva la forza che livella l’elettricità che paralizza il terrorismo sperimentato il grande incanto dell’oro cola sulla caviglia propone guerra a oltranza.
Avvicinati alla mano che si offre per te i vulcani del simile non bastano a valutare la gravità.
La sofferenza è tangibile lussuriosa e volubile.
Abbracciare in piedi con le membra tese con un abbraccio rapace abbracciare in piedi in un treno che corre tra due fila di alberi.
Con un tocco, libero il prototipo dalla sua sagoma e alla luce delle acque trasparenti giungo all’origine del grido.
Libero, sciolto, va nel buio si protegge nella sua valle trafiggendo chi guarda con un’oscura gemma ebbro del vino che stilla dalle sue parti.
La lama taglia il filo del dolore.
I lombi e quel che conservano prima delle acque l’emanazione della discesa della materia dalla fessura dell’icona.
La rosa di pizzo nero è in cima alla coscia il bacio del re felice nella millesima notte quando il serpente maculato scivola nell’umidità per sorvegliare il basilico .
Le membra respirano e preservano la loro ricchezza ti chini sulla castagna la rotondità risplende nello specchio d’aria e sale l’odore di corso d’acqua.
In cima nera è la seta sotto il cui nodo si azzuffano i principi si sparge saliva giungono al gioiello imploranti strisciando sui gomiti.
Delirio dell’amore ingurgito l’aria rimasta.
Fammelo vedere, fresco di sonno ricolmo di promesse. Sulla sua frangia c’é rugiada e alle orecchie melograno.
Voglio vederlo uscire dal suo torpore attirando a sé la rugiada del mattino.
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